PETER B. RAABE, TEORIA E PRATICA DELLA CONSULENZA FILOSOFICA1
Peter Raabe, in quello che può essere considerato uno dei primi manuali di consulenza filosofica2, dedica un lungo e dettagliato capitolo al confronto tra consulenza filosofica e psicoterapie. Il consulente giunge alla conclusione che tra le due pratiche non esiste una grandissima differenza considerando che “alcuni approcci alla psicoterapia sono di fatto dichiaratamente filosofici” e che “i loro professionisti condividono la capacità di filosofare e possono essere assai abili nell’attingere alle filosofie occidentali e asiatiche per ispirare il trattamento dei loro clienti”3.Raabe, sottolinea come tutte le nuove professioni, tra cui non fa eccezione la consulenza filosofica, abbiano la necessità di demarcare il proprio dominio, enfatizzando, ad esempio, le loro caratteristiche peculiari e le loro differenze in relazione ad altre pratiche del settore4.
Tuttavia, la consulenza filosofica può distinguersi nettamente solo dalla psicoterapia ad orientamento psicoanalitico classico, mentre con altre forme presenta più affinità. Essenzialmente per il fatto di condividere alcuni presupposti di base come, ad esempio, l’importanza della “partecipazione attiva del cliente” e il rifiuto di ogni “ prospettiva paternalistico-psicoanalitica”5.
Quindi, per quanto riguarda il panorama della psicoterapia in senso ampio, per Raabe, non sussistono elementi sufficiententemente chiari capaci di distinguere il consulente filosofico dallo psicoterapeuta, al di fuori della semplice constatazione di fatto che il primo possiede una maggior preparazione in campo filosofico. Anche per quanto riguarda la relazione cliente/terapeuta, la consulenza filosofica si distingue nettamente solo dalla terapia psicoanalitica classica.
Quest’ultima, infatti, guarda al cliente da una “posizione di progetto”, secondo cui non sono importanti tanto le ragioni che il cliente esprime, quanto quello che sta dietro a tali ragioni. Ad esempio, “se il cliente dice ‘sono depresso perché ho perso la fede in Dio’, il terapeuta, usando la ‘posizione di progetto’ eviterà di occuparsi del problema di Dio e cercherà invece di scoprire le dinamiche inconsce che stanno dietro questa depressione”6.
La consulenza filosofica, insieme ad altre forme di psicoterapia, assumerebbe, al contrario, una “posizione intenzionale”, in cui si considera il cliente come “una persona autonoma che è sì influenzata dalle sue credenze, dai suoi desideri e così via, ma non è determinata solamente dal suo inconscio”7.
Per quanto riguarda gli obiettivi, una sola differenza degna di nota consisterebbe nel fatto che gli psicoterapeuti ammettono di avere l’intenzione “di aiutare i loro clienti a raggiungere un cambiamento per il miglioramento delle loro vite”8. Il consulente filosofico, almeno così come lo intende Achenbach, dovrebbe invece riuscire a “resistere alla tentazione di porre un tale obiettivo nel processo di consulenza”9. Tuttavia, osserva Raabe, il cambiamento non può che essere un elemento imprescindibile della consulenza filosofica, per quanto questo non voglia essere dichiarato apertamente.
Il consulente canadese, si riferisce qui ad uno degli elementi basilari della sua concezione della disciplina: essa deve avere una chiara e intenzionale finalità pedagogica. Questo significa che il consulente filosofico, in quanto si prefigge di “aiutare il cliente a ottenere una più grande libertà intellettuale e un’autonomia noetica” non può esimersi dall’insegnargli “le abilità e le attitutini necessarie per farlo”10.
Per Neri Pollastri, invece, nonostante le somiglianze esistenti tra la consulenza filosofica e alcune scuole psicoterapeutiche, non si può dimenticare che: “tutte, in un modo o nell’altro, ripropongono come essenziale l’uso di ‘strategie e tecniche’ di tipo psicologico, che viceversa sembrano dover restare sistematicamente fuori dall’orizzonte della relazione di consulenza filosofica; tutte, anche se con accenti diversi, assumono la centralità del ‘disagio’ e lo concettualizzano come una forma di ‘patologia’”11.
1 Cfr. P. B. Raabe, Teoria e pratica della consuenza filosofica, cit., p. 126
2 P. B. Raabe, Teoria e pratica della consuenza filosofica, Apogeo, Milano, 2006
3 Ivi, p. 103
4 Ivi, p. 89
5 Ivi, pp. 107-108
6 Ivi, p. 108
7 Ivi, p. 109
8 Ivi, p. 120
9 Ivi, p. 116
10Ivi, pp. 165-166
11 N. Pollastri, Osservazioni per una definizione della consulenza filosofica, in “Kykéion ,8, 2002, cit., p. 59
3 commenti:
Grazie, buon lavoro! Questa era la roba che dovevo avere.
Di niente, lieta che questi miei studi possano tornare utili
Nice post. Grazie
Posta un commento