Se la filosofia si irrigidisce in se stessa , se persiste nella sua autoaffermazione devota alla tradizione, se tiene se stessa sotto chiave, allora non potrà lasciarsi andare ed essere presso le cose. In breve: se teme i pericoli - a cui certo soccombe, ma nei quali solo può giungere a se stessa – è persa. Persa in quanto spirito vivace che non è rimuginare tra sé, ma, secondo l’uso hegeliano, è la forza di essere presso se stessa nell’altro. G. B. ACHENBACH
Innanzitutto, è bene precisare che non sono una consulente filosofica o una sedicente tale (purtroppo, esiste anche questa categoria). L'obiettivo di questo blog è quello di fornire alcune informazioni di base sul mondo della Consulenza filosofica. Ho avuto modo di svolgere delle ricerche sulle pratiche filosofiche e, in particolare, sulla consulenza: il frutto di queste ricerche è la mia tesi di laurea. Credo che esistano molti luoghi comuni sulla Consulenza filosofica, probabilmente legati a quelli sulla Filosofia, spesso originati dalla superficialità con cui essa viene presentata. Non pretendo di dissolvere completamente i vostri dubbi ma semplicemente di costruire una sorta di "spazio neutro"; sia ben chiaro, la neutralità assoluta non esiste, ognuno parte da supposizioni e, in effetti, io ho una mia precisa idea della consulenza filosofica. Semplicemente, non sono una consulente filosofica, non ho nessun servizio da offrire, non devo convincere nessuno della bontà della mia missione.
Riporto qui sotto una parte dell'interessantissimo intervento che Jon Clayt Graziano di Phronesis (Associazione italiana per la consulenza filosofica) ha tenuto alla IX Conferenza internazionale sulla pratica filosofica svoltasi lo scorso luglio a Carloforte, in Sardegna.
Si tratta di una riflessione di estremo interesse perchè riesce a centrare in pieno quella che è, non solo una delle principali difficoltà della consulenza filosofica ma anche una delle più grandi difficoltà della filosofia stessa, naturalmente, da Platone in poi: il ritorno alla caverna.
Nel suo mito della caverna, che Ran Lahav porta spesso come metafora della pratica filosofica, Platone avverte di questo pericolo dell’irriconoscenza (ingratitudine). Il problema, infatti, non è quello di liberarsi dalle catene, non è ‘riuscire a girare la testa per vedere la luce ‘, come dice Lahav (1). Il vero problema viene dopo, quando i prigionieri della caverna sono incapaci di riconoscere il prigioniero liberato. Nel famoso mito il prigioniero liberato che esce dalla caverna e conosce la verità delle cose, ossia il filosofo, una volta ‘abbronzato’ dal sole della verità, allorquando rientra nella caverna per avvertire e liberare gli altri, non viene creduto, o meglio, viene creduto pazzo, deriso e poi ucciso dagli stessi prigionieri! Socrate docet! Un tale assassinio è naturale e avviene perché i prigionieri sono incatenati dall’infanzia e quindi ovviamente increduli che esista un altro mondo fuori dalla caverna: a loro non interessa certo la luce del filosofo, essi sono molto più preoccupati delle proprie ombre. Inoltre non dimentichiamo che il filosofo, rientrato nella buia caverna dopo aver contemplato la luce della verità, non vede bene, è come accecato, e appare impacciato nei suoi movimenti. E' normale che gli altri prigionieri lo ritengano come un pazzo o un ubriaco. Il filosofo praticante non è quindi colui che vede la luce dopo il buio della caverna: questi potrebbe essere anche un mistico o un pazzo. Al contrario il vero filosofo è colui che, dopo aver visto la luce decide di ritornare nel buio, spinto da un obbligo morale.
La vera vita filosofica non è quella che cerca la luce, ma quella che trova nell’oscurità. Perciò ritengo che sia molto più utile istruire un filosofo a rientrare nella caverna, piuttosto che ad uscirne.
La filosofia aiuta ad uscire dalla caverna; la pratica filosofica serve invece a saperci rientrare. Per uscire dalla caverna esistono molti metodi, che ci vengono dati si dalla filosofia, ma anche dalla musica, dall’amore, dalla pazzia stessa.
Per rientrare nella caverna, invece, i metodi diventano inutili. La pratica filosofica quindi può tranquillamente rinunciare ai metodi propri della filosofia. Essa però deve fare affidamento a competenze, ad abilità che il filosofo è tenuto ad acquisire.
Acquisire competenze equivale a saper aggiustare la vista quando, dopo aver contemplato la luce del sole, si decide di rientrare nell’oscurità della caverna. Ora, dal momento che sono convinto che in Italia (ma anche all’estero) per i prossimi venti anni non sarà ancora possibile parlare di pratica filosofica da un punto di vista professionale (sia perché la società non è ancora pronta a tollerare una simile professione, sia perché molti degli stessi filosofi non sono pronti a ‘scendere nella caverna'), e dal momento che mi ritengo alquanto giovane, mi piacerebbe spendere i prossimi anni della mia vita ad istruire i filosofi che vogliano divenire praticanti, per prepararli ad entrare più agevolmente nella caverna. In tal senso, la mia ‘arma’ preferita rimane la provocazione.
(1)
Parole di Ran Lahav durante un discorso al I Convegno Nazionale di Phronesis a Roma, il 26 febbraio 2005. Il discorso è stato poi pubblicato come articolo intitolato ‘Consulenza filosofica
come filosofia speculativa ’, sul numero 4 (Aprile 2005) della rivista Phronesis.
In Spagna[1] la Philosophische Praxis ha trovato un primo riscontro tra i membri del gruppo di ricerca ETOR[2]. Questo gruppo ha coniato il termine orientaciòn filosófica intendendo l’operare del consulente più nel senso di un’attività orientatrice, che non nel senso letterale di una “pratica consulenziale” e quindi “apportatrice di consigli”[consejerìa]. Il consulente diventa quindi un orientatore[3] e il suo ruolo è equiparabile a quello di un faro o di una bussola: fare luce e segnalare dove sta il nord e il sud.
Il consultante, grazie a queste indicazioni, può decidere sul da farsi, quale strada intraprendere e che tipo di risposta attuare in merito ai suoi problemi. Oltre alla denominazione orientaciónfilosófica, si usa parlare di asesoramiento o di consejerìa filosófica. Entrambi i termini possono essere tradotti con l’italiano “consulenza” e, difatti, vengono utilizzati per indicare una prestazione professionale, da parte di un esperto, in merito a informazioni e consigli su un particolare argomento (fiscale, lavorativo, giuridico, ecc.) Il termine orientaciòn, invece, viene utilizzato spesso in ambito educativo, tanto è vero che in molte scuole è presente una figura denominata orientador. Una figura di spicco per quanto riguarda la riflessione teorica della disciplina nel contesto spagnolo è quella di Josè Rastrojo Barrientos, attualmente docente e direttore del primo Master in Pratica filosofica (Università di Siviglia): è stato coordinatore del Foro Internacional de Orientación Filosófica y Filosofía Práctica (FIACOF) e organizzatore, insieme a Ran Lahav, di un ritiro internazionale di filosofia contemplativa svoltosi nell’estate del 2005, va ricordato anche per essere stato l’autore della prima guida alla consulenza filosofica in lingua spagnola[4].
Per Barrientos, la consulenza filosofica può essere intesa in un duplice senso: come una professione d’aiuto che opera attraverso l’analisi del contenuto del pensiero cosciente, o come una vera e propria disciplina che “lavora sulle basi della comprensione filosofica”[5].
Per quanto riguarda il Sudamerica, va segnalato che, ancor prima della consulenza filosofica, è stata importata e sviluppata con successo l’esperienza francese dei caffè filosofici; il primo in assoluto è stato quello del Buho Rojoin Perú , attivo a partire dall’aprile del 1998. Tuttavia, l’idea di Sautet ha trovato il consenso più vasto in un altro paese del Sudamerica: in Argentina. Qui, infatti, è presente il caffè filosofico con l’affluenza più elevata al mondo: situato a Belgrano, dal suo avvio, ha visto la partecipazione di ben 20.000 persone, con una media di circa 350 ogni fine settimana. Organizzatrice del caffè filosofico, dal 2003, è Roxana Kreimer, laureata in filosofiacon un dottorato in scienze sociali all’università di Buenos Aires. Sempre Roxana Kreimer, è stata la prima a occuparsi di consulenza filosofica e ad aprire uno studio privato in Argentina nel 1999. Nel suo Artes del buen vivir[6], Kreimer, parla della filosofia nei termini di un’arte del vivere che si esplica intutta la sua compiutezza nella quotidianità e nella vicinanza ai problemi concreti come ad esempio, quelli relativi al mondo del lavoro, alle vicissitudini amorose, al dolore e alla morte. Particolarmente interessante anche la sua riflessione critica sul prezzo del progressoe, in modo specifico, sull’automobile in quanto vero e proprio strumento mitologico nelle mani dell’uomo moderno. Come scrive la Kreimer, “al di là del suo valore d’uso, l’automobile rivela un valore simbolico analogo all’ insieme di significati che ebbe il cavallo nel mondo feudale. In un contesto di cultura narcisista, l’automobile incarna una metafora che converte l’autorealizzazione personale nel valore principale della vita […]”[7].
[1] Le seguenti informazioni relative alla consulenza filosofica in Spagna sono state tratte da: corrispondenzapersonale con Josè Barrientos Rastrojo e dal sito dello stesso, visionabile all’indirizzo internetwww.josebarrientos.net
[2]ETOR-Educación, Tratamiento y Orientación Racional
[3] In Spagna, questo termine è strettamente legato al campo educativo.
[4] J. R. Barrientos, Introducción al asesoramiento y la orientación filosófica, Ediciones Idea, Santa Cruz de Tenerife 2005
[5]Cfr. J. R. Barrientos, Violencia de Género y Orientación Filosófica, in Violencia, Padilla Libros, Sevilla, 2005, pp. 175-193.
[6] R. Kreimer, Artes del buen vivir, Anarres, 2002. Nel 2005 il libro è stato riedito dalla casa editrice Paidós (in Argentina e in America Latina) e con la casa editrice IDEA, in Spagna, con il titolo Filosofìa para la vida cotidiana
In questo video, Ran Lahav, interessante teorico della pratica e della consulenza filosofica parla della sua concezione di Pratica filosofica durante la prima conferenza nazionale di pratica filosofica del Perù, tenutosi all'Università nazionale di San Marcos a Lima nel febbraio 2007.
Qui sotto la traduzione in italiano. Alcune premesse. Quando Lahav parla di "prima visione ", di seconda visione etc si riferisce a delle diverse concezioni di consulenza filosofica. La prima visione è la concezione di consulenza filosofica come opera di chiarificazione linguistica e che viene generalmente usata nell'ambito della professione di cura. La seconda visione, come afferma lo stesso Lahav, vede la consulenza filosofica come una auto-comprensione. La terza come uno stile di vita. In alcuni casi, comunque, ho aggiunto delle note.L'audio del video, forse, non è un granchè ma in compenso le parole di Lahav sono ottime!
Dunque, si è andata a sviluppare una nuova corrente di Pratica filosofica in cui sono stato molto attivo, ma sono certo che non era l'unica. Questa corrente si basava sull'idea che la filosofia non risolve problemi, al contrario, sono i problemi che possono portare alla vita. Non risolve situazioni difficili, semmai, a volte, pone situazioni difficili. Secondo questa seconda visione, la Pratica filosofica, dovrebbe essere uno sviluppare la nostra auto-comprensione, essere più coscienti delle questioni fondamentali con cui ci confrontiamo nella vita. Il punto è che nella vita quotidiana stiamo tutto il tempo chiedendoci domande filosofiche fondamentali, non solo nel nostro pensiero ma anche nelle nostre scelte, nelle nostre emozioni, nelle nostre speranze e desideri. Vi faccio un esempio molto semplice: immaginate che il mio migliore amico sta uscendo con una nuova ragazza, che ha una nuova ragazza, e che passino tre settimane prima che egli mi dica che ha una nuova ragazza e quando lo so mi sento molto offeso. Il mio migliore amico non mi ha detto nulla della sua nuova ragazza? Si potrebbe dire che questa è una emozione, giusto? Lo stare offeso. Ma il mio sentimento, la mia emozione, realmente mi dicono qualcosa su quello che è l'amicizia. La mia emozione dice: amicizia significa condividere informazioni personali. Così che, nonostante nella teoria e nel pensiero, mai mi sono posto la domanda su che cosa sia l'amicizia, nella realtà la mia emozione ha espresso una certa concezione di amicizia. Le nostre emozioni, i nostri comportamenti, le nostre scelte...tutto il tempo, interpretano il mondo: stanno rispondendo a questioni filosofiche profonde, nonostante noi non ne siamo coscienti.
Lo scorso semestre in Israele, un mio stidente in un esercitazione di consulenza filosofica, mi raccontò che il momento più grande della sua vita, nel quale sempre pensa e che desidera sempre che succeda di nuovo, è stato quando in una partita di pallone, la nazionale israeliana ha vinto e fu un'estasi per lui. Ora, se andiamo un po' più in profondità: il fatto che per lui questa sia stata un'esperienza
talmente bella, a tal punto che continua a pensarla e a sperare che essa si ripeti è una vera e propria dichiarazione di quello che è importante nella vita. E' la dichiarazione di cosa è l'estasi: uscire dalle proprie e private e quotidiane occupazioni. E' molto molto prezioso, è quello che importa nella vita. E' una risposta alla domanda: "Cosa è importante nella vita?", "Quali qualità sono importanti per lui?". E' chiaro che la cosa non è così semplice.
Bisogna parlare con la persona e vedere cosa esattamente sta succedendo ma ora sto facendo esempi molto brevi in modo che quando torniamo a casa, dopo questa conferenza e magari farete una cosa o un'altra, come stare davanti alla televisione e vedere un film o prendere il telefono e chiamare la ragazza, o il ragazzo o la moglie o decidere: Perchè non andare al mare domani, per rilassarsi, per avere un giorno di relax?
Così, dunque, in accordo con questa visione, in questi momenti ci stiamo ponendo questioni filosofiche fondamentali. Stiamo costantemente facendo dichiarazioni su quello che è importante nella vita, cosa è l'amicizia, cosa è l'amore, cosa significa essere libero, quello che è etico e quello che non è etico, non nel pensiero e nella teoria ma nel comportamento di cui molte volte non siamo coscienti. L'allegoria della caverna di Platone è una meravigliosa allegoria. Noi tutti viviamo in una caverna, in una caverna in parte personale, un parte culturale. Queste sono limitazioni, certi modelli di pensiero, di sentimento, di preferenze. Secondo Platone l'obiettivo della filosofia non è di rendere la vita nella caverna più confortevole, come vuole la prima visione della consulenza filosofica (Ran Lahav, si riferisce qui alla concezione di pratica filosofica come professione di cura e quindi ascrivibile al paradigma terapeutico, ndr). Sono sicuro che tutti avete studiato questa allegoria. L'obiettivo della filosofia non è sistemare queste ombre e farle più confortevoli per la nostra vita, non è risolvere problemi nella caverna ma neppure è la seconda visione (di consulenza filosofica) che è : comprendere la mia caverna. Nella seconda visione io pongo attenzione di come è la mia caverna, delle affermazioni, delle concezioni, del comportamento.
L'obiettivo della filosofia, e questa è la terza visione (della pratica filosofica, ndr), è uscire fuori dalla caverna, avere una vita più grande di questa caverna. Trascendere quello che sono, andare molto al di là di quello che sono.
Questa è una visione incredibile, non vi pare? Potrebbe non essere pratica, è così alta però penso che questo sia l'obiettivo che la pratica filosofica dovrebbe avere.
Io credo che la Pratica filosofica, secondo questa terza visione, cerca di elevarci, di portarci un po' fuori dalla caverna, liddove è possibile. Questo è quello che si chiama saggezza o qualche persona usa anche la parola "Building". Questo è ciò che sto investigando adesso, questo è ciò che è importante per me adesso. La terza visione include la seconda visione.
Devo capire la mia caverna per poter uscire da essa. Però (la terza visione, ndr.) va oltre la caverna e consiste nell' accorgersi di una cosa: che l'obiettivo è vivere una vita più grande. Se il mio obiettivo è uscire dai miei limiti, dalla mia caverna, allora la Pratica filosofica non è una professione, non è qualcosa in cambio di cui ricevo del denaro. E' un modo di vita, un modo di essere.